Type de texte | source |
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Titre | De pictura sacra |
Auteurs | Borromeo, Federico |
Date de rédaction | |
Date de publication originale | 1624 |
Titre traduit | Della pittura sacra: libri due |
Auteurs de la traduction | Agosti, Barbara |
Date de traduction | 1994 |
Date d'édition moderne ou de réédition | |
Editeur moderne | |
Date de reprint |
, “Delle vestimenta” (numéro I, 7)
Come ancora si ha da avere in somma abbominazione l’ornare il capo d’una santa vergine con perle, e con gemme, e con quegl’artificiosi acconciamenti e con quelle foggie strane e nuove, che ancora sarebbono disdicevoli se vedute fossero sopra il capo d’alcuna donna onesta, che nella nostra città dimorasse. E in ciò i pittori coi loro penelli non solamente scrivono molte falsità e buggie, poiché i santi non furono mai né superbi, né vani, né lascivi, ma oltre a ciò vengono a lodare e ad approvare quelle vanità e quelle pompe, che cotanto furno biasimate dai maggiori nostri dottori e scrittori. Ai pittori che questo fanno si potrebbe dire giustamente quello che già fu detto ad un altro della loro arte, secondo che viene raccontato da Clemente Alessandrino [[1:Clem. Ales. lib. 2 Pedagogi. cap. 12]] poiché, avendo uno dipinta Elena tutta freggiata e inorpellata, e con molti fermagli in capo, fu detto a lui per via di riprensione che non avendo esso saputo farla bellissima sicome era, egli avea voluto farla in quella foggia, che apparisse ella almeno ricchissima. Così non ha dubbio che i nostri pittori queste cose sì fatte a noi rappresentano per volerci ingannare, e che questa è certa specie di inganno, accioché gl’occhi nostri essendo allettati e occupati in alcuna novità e strano ritrovamento, non così diligentemente considerino l’arte e la vera eccellenza che dee esser propria dei maestri più periti: e appunto sì come le donne per mancamento di bellezza si appigliano ai vani ornamenti, così fanno questi pittori, che la vera bellezza dell’arte non posseggono. La quale se in sé avessero, punto non si curarebbono di queste leggierezze e frascherie. Così appunto disse Clemente Alessandrino parlando dei fuchi feminili, che non questi ben dimostravano le donne di conoscere in parte che non avevano la bellezza in se stesse, perché se avuta avessero di loro stesse diversa opinione, soverchi stimato averebbono questi artifici, e questi ingegni, e questi inganni.
, "Quanto sia cosa eccellente l'esprimere l'affetto" (numéro I, 10) , p. 33
E altri hanno dipinto i santi che mostrano di avere alcuni affetti poco a loro convenevoli, e peccano in ciò gravemente, poiché fanno tutto il contrario di quello che fassi del continuo dai sacri scrittori, poiché laudano e esaltano le loro virtù, e essi fanno mostra di quei vizi che in essi santi non furono giamai. E quando pure essi non sapessero esprimere le virtù, dovrebbono almeno far quello che già fece saviamente quel greco che coperse il diffetto degl’occhi, e non volle che questo apparisse nella sua dipintura. Così questi tali dovrebbono almeno lasciar di fare quello che non da l’animo a loro di far bene, e più tosto dovrebbono amare il silenzio che le biasmevoli parole e ragionamenti, i quali essi formano con la lingua dei loro penelli. [[4:suite : Timanthe]]
, "La divozione esser parte principale dei pittori" (numéro I, 11) , p. 34-35
E procedendo più avanti dir possiamo che, sì come l’oratore invano s’affaticha di muovere l’altri se egli se stesso in prima non muove, così io credo che avvenga generalmente dei pittori, che se essi in prima se stessi non cercano di muovere con alcuni divoti pensieri, non potranno nelle loro figure imprimere ciò che non hanno, cioè la divozione e i lodevoli affetti.
E a quegli antichi che nell’affetto tanto studiarono, non ha alcun dubbio che avvenne quello che ai profani poeti abbiamo per certo esser intravenuto, che i migliori versi loro furono da loro composti non solamente dall’arte, ma dagl’affettuosi pensieri che a dir quello gli sospinsero, che giamai pensato non avrebbono con lungo studio. Onde noi sappiamo che uno di essi si dolse che nella canuta età non poteva fare più di quei versi che nel fiore degl\'anni germogliato a lui sarebbono nel cuore senza troppa fatica, e in copia assai grande. E, raggionando pure di questi poeti, essi andarono cercando l’affetto per i boschi, e per le valli, e per i monti, e per le marine spiagie. E infino nelle spelonche oscure ciò procurarono meditando, se noi attendiamo a quello che è scritto da Euripide tragico, il quale, parendo a lui che le comuni abitazioni fossero troppo liete per generare mestizia e timore nella sua mente, e per ritrovare attroci casi, visse lungo tempo in tenebre nelle cavernose grotte dei monti. Aiutarono poi ancora i maggiori scultori del mondo i propri loro affetti purgando la mente col mezzo della sobria vita, e chi sa che come già fecero i componitori delle tragedie, così i fabbricatori del famoso Laocoonte, i dolori del quale furono espresse da tre maestri, e che essi ancora non si cibassero d’altro che di lupini, come afferma Plinio che talvolta fu fatto per condurre a perfezione alcuni altri lavori.
, "Quanto sia eccellente l'esprimere l'affetto" (numéro I, 10) , p. 32-33
E pure di questa parte tanto principale mostrano di essersi dimenticati i nostri pittori e scultori quasi afffatto. E quando pure danno indizio di voler fare, ciò fanno sconciamente, come appresso diremo; e oltre a ciò rappresentano quegl’affetti che non dovrebbono rappresentare, come a dire essi non sanno esprimere il dolore della Virgine mentre è sotto la Croce, e in quel volto e in quel capo occupano tutte le forze dell’arte, e perciò riccorrono a ciò che è più facile da farsi, e la figurano tramortita contro all’opinione dei più gravi scrittori, e contemplante. [...] [[4:voir Apelle Antigone]] Almeno vorrei che i nostri pittori fossero sommamente abili in questa parte degl’affetti, e che a tutto loro potere la conseguissero e, non potendo ciò fare, almeno dessero alcun indizio di dolersene, sì come già fece quel buon pittore che, disperando di esprimere il dolore paterno, coperse il capo di Agamemnone con un velo.